SK 1278 - Come è sorta la Milizia dell'Immacolata Mugenzai no Sono, prima del 16 X 1935 1
È già passata molta acqua sotto i ponti: avvenne quasi 18 anni fa; molti particolari, perciò, li ho ormai quasi dimenticati. Tuttavia, dato che il P. Guardiano [Cornelio Czupryk] mi comanda di narrare gli inizi della M.I., descriverò quel che la memoria mi aiuta ancora a ricordare. Rammento che discorrevo con i chierici miei confratelli sulla miserevole condizione del nostro Ordine e sul suo avvenire. E in quei momenti si imprimeva nel mio animo la seguente idea: o rimettere in piedi o mandare all'aria. Provavo un vivo dispiacere per quei giovani che entravano da noi spesso con ottima intenzione e il più delle volte smarrivano il loro ideale di santità proprio in convento. Ma non sapevo bene come fare. Ritorno più indietro nel tempo. Rammento ancora che da ragazzetto mi ero acquistato una statuetta dell'Immacolata per 5 copechi2. Inoltre, nel seminario minore, nel coro dove assistevamo alla santa Messa, con la faccia a terra promisi alla Ss. Vergine Maria, la cui immagine dominava sopra l'altare, che avrei combattuto per Lei. Come? Non lo sapevo, tuttavia immaginavo una lotta con armi materiali; e per questo motivo, allorché giunse il momento di entrare in noviziato (o di emettere la professione?), confidai al padre Maestro, p. Dionisio [Sowiak], di santa memoria, questa mia difficoltà ad entrare nello stato religioso. Egli trasformò quella mia decisione nell'impegno di recitare ogni giorno il “Sub tuum praesidium”. Continuo ancor oggi a recitare questa preghiera, pur sapendo ormai quale fosse la battaglia che stava a cuore all'Immacolata. Nonostante fossi assai incline all'orgoglio, l'Immacolata mi attirava molto fortemente. Nella mia celletta tenevo sempre sull'inginocchiatoio l'immagine di qualche santo al quale l'Immacolata era apparsa; spesso, poi, mi rivolgevo a Lei con la preghiera. Vedendo ciò, un religioso mi diceva che dovevo nutrire molta devozione verso quel santo. Allorché a Roma la massoneria uscì allo scoperto in modo sempre più audace, portando i propri stendardi sotto le finestre del Vaticano - e sul vessillo nero dei seguaci di Giordano Bruno aveva fatto dipingere s. Michele Arcangelo sotto i piedi di Lucifero, e in foglietti di propaganda inveiva apertamente contro il santo Padre - nacque l'idea di istituire una associazione che si impegnasse nella lotta contro la massoneria e gli altri servi di Lucifero. Per accertarmi che tale idea venisse dall'Immacolata, interpellai il mio direttore spirituale di quegli anni, il p. Alessandro Basile, gesuita, confessore ordinario degli alunni del Collegio. Ottenuta l'assicurazione da parte della santa obbedienza, mi proposi di dare inizio all'opera. Nel frattempo, però, ci trasferimmo per un periodo di vacanze alla “Vigna”3, che dista dal collegio 20-30 minuti di cammino. Durante una partita di calcio incominciò a venirmi il sangue alla bocca. Mi trassi in disparte e mi distesi sull'erba. Si prese cura di me fr. Girolamo Biasi, di santa memoria. Sputai sangue per un bel po' di tempo. Subito dopo mi recai dal dottore. Mi rallegravo al pensiero che forse ero già al termine della mia vita. Il medico mi ordinò di ritornare [in Collegio] in carrozza e di mettermi a letto. Le medicine stagnavano con difficoltà il sangue, che continuava ad uscire. Durante quei giorni il giovane e pio chierico di santa memoria fr. Girolamo Biasi veniva a visitarmi. Due settimane più tardi il medico mi permise di uscire per la prima volta dal Collegio. In compagnia di un altro chierico, fr. [Giovanni] Ossanna, mi recai, benché con difficoltà, fino alla “Vigna”. I chierici, al vedermi, fecero gran chiasso e allegria, e mi portarono fichi freschi, vino e pane. Dopo che mi fui rifocillato un poco, cessarono i dolori e le fitte, e per la prima volta misi al corrente dell'idea di dare inizio all'associazione fr. Girolamo Biasi e p. Giuseppe Pal, che era stato ordinato sacerdote prima di me, pur frequentando con me lo stesso anno di teologia.
Tuttavia, misi come condizione che ciascuno di essi interrogasse innanzi tutto il proprio padre spirituale, per accertarsi della volontà di Dio. Dopo aver rafforzato un po' le energie, fui mandato a Viterbo, con il chierico fr. Antonio Głowiński, mio collega, per un periodo di vacanze supplementari. In quell'occasione fr. Antonio Głowiński entro nella M.I. Poco dopo si aggiunsero fr. Antonio Mansi, di santa memoria, e fr. Enrico Granata, ambedue chierici della Provincia di Napoli. Oltre a questi che appartenevano alla M.I., nessuno in Collegio sapeva dell'esistenza dell'associazione. Solo il rettore, p. Stefano Ignudi, in qualità di superiore, ne era al corrente e la M.I. non faceva nulla esternamente senza il suo permesso, poiché ciò era l'espressione dell'obbedienza, cioè la volontà dell'Immacolata. Così, dunque, con il consenso del P. Rettore, il 174 ottobre 1917 ebbe luogo la prima riunione dei primi sette componenti, vale a dire: 1) p. Giuseppe Pal, giovane sacerdote della Provincia rumena; 2) fr. Antonio Głowiński, diacono della Provincia rumena (morto il 18 X 1918); 3) fr. Girolamo Biasi, della Provincia padovana (morto nel 1929); 4) fr. Quirico Pignalberi, della Provincia romana; 5) fr. Antonio Mansi, della Provincia napoletana (morto il 31 X 1918); 6) fr. Enrico Granata, della Provincia napoletana; 7) io stesso. La riunione ebbe luogo di sera, in segreto, in una cella interna chiusa a chiave, realizzata con una parete provvisoria. Di fronte a noi vi era una statuetta dell'Immacolata fra due candele accese. Fr. Girolamo Biasi fece da segretario. Lo scopo di quella prima riunione fu la discussione del “programma della M.I.” (la pagella d'iscrizione), tanto più che il p. Alessandro Basile, che era confessore anche del Papa [Benedetto XV], aveva promesso di chiedere al santo Padre la benedizione per la M.I. P. Basile, tuttavia, non mantenne la promessa e noi ottenemmo5 la prima benedizione orale del santo Padre tramite il vescovo mons. Domenico Jaquet, professore di storia ecclesiastica nel nostro Collegio. Per più di un anno dalla prima riunione non si verificò alcuno sviluppo nella M.I., anzi, contrarietà di vario genere si accumularono fino al punto che talvolta gli stessi componenti si sentivano imbarazzati a parlarne tra loro; anzi uno di essi cercava addirittura di convincere gli altri che la M.I. era qualcosa di inutile. Fu allora che si trasferirono presso l'Immacolata, con meravigliosi segni di elezione, p. Antonio Głowiński e, una decina di giorni dopo, fr. Antonio Mansi, a causa della febbre spagnola. Quanto a me, le condizioni dei miei polmoni subirono un aggravamento: quando tossivo, sputavo sangue; e questo fu l'inizio del cambiamento. Essendo stato esonerato dalla scuola, approfittai di quel tempo per trascrivere il “Programma della M.I.” e lo consegnai al Rev.mo P. Generale (o meglio Vicario Generale, p. Domenico Tavani), allo scopo di ottenere la sua benedizione scritta6. “Foste almeno in dodici...”, disse il Rev.mo P. Generale. Scrisse la sua benedizione ed espresse il desiderio (proprio in quell'occasione, mi sembra) che la M.I. si propagasse tra i nostri giovani. Da quel momento i nuovi aderenti cominciarono ad aumentare sempre più. In quel primo periodo di vita della Milizia, l'attività consisteva - oltre che nella preghiera privata - nella distribuzione delle medagliette dell'Immacolata, dette “medaglie miracolose”. In un'occasione lo stesso Rev.mo P. Generale ci diede del denaro, affinché ne acquistassimo.
Nota 1278.1 Dal primo capoverso risulta che p. Massimiliano scrisse questo testo poco prima del 18 anniversario della fondazione della M.I.
Nota 1278.2 Copeco: la centesima parte del rublo, la moneta russa.
Nota 1278.3 Terreno e convento situato accanto alle Terme di Caracalla.
Nota 1278.4 Più precisamente la sera del 16 ottobre. Nota 1278.5 28 III 1919 - cf. SK 37 .
Nota 1278.6 4 IV 1919 - cf. SK 37 .
Milizia Dell'Immacolata di Sicilia