SK 1257 - L'arciconfraternita del santo Rosario Grodno, anni 1922-1925
I confini orientali, presso i quali dimoriamo attualmente, sono impregnati di uno scisma che non sopporta il rosario. A maggior ragione, perciò, qui è necessaria l'Arciconfraternita del s. Rosario, affinché svolga la missione della preghiera e diffonda nel modo più ampio questo sublime modo di pregare. Anche gli scismatici, dopo averlo conosciuto più da vicino, incominceranno, forse, a considerarlo in maniera diversa. In questa breve conferenza desidero, perciò, presentare alcune parole sul rosario e sulla Arciconfraternita del Rosario. In origine il rosario era chiamato “salterio di Maria” poiché, come il salterio di Davide è composto di 150 salmi, così anche nel rosario troviamo 150 “Ave Maria”. Al cambiamento della denominazione contribuì, secondo una leggenda, il seguente fatto. Un devoto giovane aveva l'abitudine di ornare spesso con delle rose un quadro della Ss. Vergine Maria. In seguito egli entrò nella vita religiosa. Dentro la porta del convento non ebbe più la possibilità di portare i fiori a Maria; questo fatto lo rattristava assai. Mentre si affliggeva in questo modo, gli apparve la Ss. Vergine Maria, che gli disse: “Recita devotamente il mio salterio e mi adornerai con il fiore più bello”. Incominciò, dunque, a recitare subito il rosario e vide che ad ogni “Ave” la Ss. Vergine Maria toglieva dalla bocca di lui una rosa di una bellezza meravigliosa e con quelle rose intrecciava una ghirlanda; al “Padre nostro” intrecciava, invece, uno splendido giglio. E da qui venne la denominazione: “rosario”. Oltre alla recita della “preghiera domenicale” e del “saluto angelico” è parte essenziale del rosario anche la meditazione sui misteri della vita di Cristo e della santa Madre di Dio. Ne parla chiaramente il documento di erezione dell'Arciconfraternita che definisce il rosario come “un modo di pregare con il quale si onora la Ss. Vergine Maria Madre di Dio recitando 150 volte il "saluto angelico", intercalando ad ogni decina la "orazione domenicale" e aggiungendo la devota meditazione dei misteri di Gesù Cristo nostro Salvatore e della sua Madre santissima”. La s. Congregazione delle indulgenze2, poi, sottolinea che la riflessione del mistero è indispensabile per lucrare le indulgenze. Per facilitare questa riflessione un devoto spagnolo, Martino Navarro, vissuto nel secolo XVI (1491-1586) aggiunse alle singole “Ave”, dopo il nome di Gesù, un breve accenno al mistero che si sta recitando, come ad esempio: “[e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù,] che Tu, o Vergine, hai concepito per opera dello Spirito Santo; che Tu, o Vergine, hai portato ad Elisabetta...”. È nota a tutti l'origine del rosario. La racconta un testimone di quel tempo, p. Tierry d'Alpola 3, domenicano. Egli afferma che in una certa località s. Domenico non riusciva a convertire alcuni eretici; si rivolse allora alla Ss. Vergine Maria, della quale era assai devoto fin dall'infanzia, per chiedere aiuto. La Regina dei cieli gli mostrò allora il rosario e gli raccomandò di diffonderlo. Si mise all'opera con fervore e da quel momento recuperò con facilità un gran numero di anime traviate, tanto che in breve tempo superò la cifra di 100.000 persone. Tutto il mondo cattolico accolse il s. rosario con entusiasmo, mentre innumerevoli grazie e prodigi di conversione attestavano la sua origine soprannaturale.
I Papi lo hanno raccomandato caldamente. Così, ad esempio, Adriano VI afferma che “il rosario vince satana”; Paolo III dice: “Per mezzo del rosario s. Domenico ha trattenuto l'ira divina lontano dalla Francia e dall'Italia”; Giulio III dichiara: “Il rosario è l'ornamento della Chiesa romana”; Gregorio XIV: “Il rosario è estirpazione del peccato, recupero della grazia, accrescimento della gloria di Dio”; Paolo V: “Il rosario è un tesoro di grazie”; Urbano VIII: “Per mezzo del rosario aumenta il numero dei cristiani più fervorosi”; Pio IX: “Se desiderate che la pace regni nei vostri cuori e nelle vostre famiglie, raccoglietevi ogni sera per la
recita del rosario”; e Leone XIII in una sua enciclica sul rosario dice: “Invitiamo vivamente tutti i fedeli a recitare il rosario pubblicamente nelle chiese o nelle abitazioni private e in seno alle famiglie e, per quanto è possibile, non abbandonino questa santa pratica”. I Papi, inoltre, hanno arricchito il s. rosario di numerose indulgenze. I fedeli traggono profitto soprattutto dalle indulgenze cosiddette domenicane e dei cavalieri teutonici. In forza delle prime si lucrano 100 giorni di indulgenza per ogni “Padre nostro” e per ogni “Ave”, purché si reciti almeno una terza parte del rosario. Questa indulgenza è concessa dai PP. Domenicani o dai sacerdoti che sono in possesso, a questo proposito, di una facoltà speciale, ottenuta dalla Sede Apostolica o dal Superiore generale dei PP. Domenicani4. Nella recita comune tutti, in virtù del privilegio di Pio IX (22 gennaio 1858), lucrano questa indulgenza, purché almeno una delle persone usi la corona del rosario. Le indulgenze dei cavalieri teutonici sono di 500 giorni per ogni “Padre nostro” e per ogni “Ave”, anche se colui che prega non ha intenzione di recitare nemmeno una terza parte del rosario. Oltre a queste, si possono ottenere ancora le indulgenze apostoliche da parte di un sacerdote che abbia la facoltà speciale di concederle. Queste si lucrano anche se non si usa l'oggetto al quale è annessa l'indulgenza, nel nostro caso, quindi, la corona del rosario. In base ad un principio generale non si possono lucrare diverse indulgenze insieme, tuttavia Pio X, in data 12 gennaio 19075, ha concesso tale facoltà a proposito delle indulgenze domenicane e dei cavalieri teutonici. Le indulgenze si perdono quando vengono smarriti o distrutti in un solo momento molti grani della corona del rosario; non cessano, però, quando si regala o si dà in prestito ad altri la corona alla quale sono annesse le indulgenze, anche se è un'altra persona ad usarla allo scopo di lucrare le indulgenze. Ancora, le indulgenze non cessano quando viene rinnovato il filo di metallo che tiene uniti i grani tra loro o quando vengono cambiati tutti, ma alcuni per volta6. Di solito si parla anche di 15 promesse, per mezzo delle quali la Ss. Vergine esorta i fedeli alla recita del rosario. Coloro che ricevettero tali promesse furono s. Domenico e il beato Alano de Rupe. Senza dubbio fin dagli inizi le anime di buona volontà sono state spinte a recitare il rosario in comune e in tal modo ha potuto avere origine l'attuale Arciconfraternita. Ad ogni modo non mi è possibile indicarne la data in maniera più esatta, sia per mancanza di fonti, sia anche per il fatto che, in una parola, non la si conosce per nulla. La prima data su cui si basa il documento di erezione di questa Arciconfraternita è l'anno 1604: il 7 dicembre il Papa Clemente VIII pubblica la costituzione “Quaecumque”. Secondo il recentissimo codice di diritto canonico7 (can. 707), la confraternita è un'associazione 1) istituita allo scopo di praticare esercizi di pietà o opere di carità, 2) che possiede una struttura organizzata, 3) destinata anche ad incrementare il culto pubblico; l'arciconfraternita, inoltre, ha la facoltà di aggregare altre confraternite dello stesso genere (can. 720). Nell'Arciconfraternita del s. Rosario l'esercizio di pietà è la recita di tutto il rosario almeno una volta alla settimana. È l'unico obbligo esistente nell'Arciconfraternita. Di solito vi si aggiungono pure altre pratiche religiose e suggerimenti di ordine morale. È difficile scorgere nell'arciconfraternita un'organizzazione più articolata, poiché non vi sono neppure pagelle d'iscrizione; quindi non ci si deve attendere neanche uno statuto distinto. Ad ogni modo, anche solo in riferimento alla condizione richiesta dal diritto, per creare un'organizzazione con gruppi distinti, è necessario applicare almeno la nomenclatura generale di un'associazione, come ad esempio: fratello maggiore, sostituto, segretario, tesoriere, bibliotecario, ecc. Inoltre, le adunanze generali e quelle del consiglio direttivo, la discussione in comune dei problemi dell'arciconfraternita, del campo d'azione e dei mezzi per conseguire lo scopo. Nel modo opportuno, a suo tempo, le elezioni di un organo esecutivo, ecc. La legge comune non presenta alcuna direttiva in proposito, mette solamente in rilievo (al can. 715) il rapporto tra le attività dell'organizzazione con il vescovo, e cioè che spetta a lui personal
mente, o tramite un suo delegato, presiedere le riunioni delle confraternite, anche se esse sono istituite nelle chiese o negli oratori dei religiosi. Tuttavia, egli non ha diritto di voto in tali riunioni, ma solo di confermare gli ufficiali eletti, se sono idonei e degni, di respingere o rimuovere gli indegni e gli incapaci, di emendare e confermare gli statuti, purché non abbiano già l'approvazione della Sede Apostolica. Qualora si dovessero svolgere riunioni straordinarie, la confraternita deve informare per tempo il vescovo o il suo delegato; in caso contrario il vescovo può vietare lo svolgimento della riunione o annullare le deliberazioni. La confraternita può essere istituita unicamente mediante un decreto formale di erezione (can. 708). Nell'Arciconfraternita del Rosario la facoltà per fare questo spetta al superiore generale dei PP. Domenicani o al suo delegato. Per procedere all'erezione canonica, tuttavia, è necessaria l'autorizzazione scritta del vescovo diocesano. Ci si può rivolgere direttamente al P. Provinciale dei Domenicani di Leopoli. Per suo tramite il P. Generale trasmette il diploma di erezione. Compiute le pratiche per l'erezione, si manda a Roma il verbale, firmato dal sacerdote che ha organizzato la confraternita, di colui che la dirige e di due testimoni. Una copia del verbale viene depositata nell'archivio della confraternita. In conformità al can. 712 §1 non è permessa l'istituzione di confraternite negli oratori privati, mentre il §2 dello stesso canone richiede il consenso del capitolo per l'istituzione di una confraternita nella chiesa cattedrale o in una collegiata; quanto alle chiese delle religiose, poi, il §3 prevede la possibilità di istituire unicamente associazioni femminili. Nelle altre chiese, inoltre, non è permesso, in conformità al can. 711, istituire insieme o vicine tra loro associazioni religiose affini; nel dubbio se la distanza sia sufficiente o meno decide il vescovo. Nella Confraternita del Rosario è richiesta espressamente l'autorizzazione del vescovo. Per i culto esterno l'arciconfraternita possiede in molti luoghi altari e cappelle propri e le relative pratiche religiose comuni. In conformità al can. 717 §1 la confraternita può celebrare le proprie funzioni unicamente all'altare o nella cappella in cui è stata istituita. Se la chiesa appartiene alla confraternita, questa può celebrare, secondo la disposizione del can. 716 §1, le proprie funzioni religiose indipendentemente da quelle parrocchiali, purché non siano di impedimento a queste ultime. La stessa cosa avviene se la parrocchia è stata trasferita nella chiesa della confraternita, com'è detto al §2. In caso di dubbio se le funzioni della confraternita siano o no di impedimento a quelle della parrocchia, decide il vescovo diocesano, in conformità al §3 dello stesso canone. In base al can. 718 i membri della confraternita sono tenuti a partecipare, con rispettive insegne e con proprio vessillo, alle processioni ordinarie e a quelle stabilite dal vescovo. L'Arciconfraternita del s. Rosario, essendo appunto un'arciconfraternita, ha il diritto di aggregare altre associazioni aventi il medesimo scopo e la medesima denominazione (can. 721) e per questo motivo comunica ad esse i privilegi e le indulgenze (can. 722 §1), pur senza acquisire alcuna autorità sugli aggregati (§2). Oltre alla lunga serie di indulgenze, i membri della confraternita godono i frutti di tutte le opere buone e delle preghiere dell'Ordine di s. Domenico. Le associazioni si moltiplicano di giorno in giorno e questa è una delle prove della vitalità della santa Chiesa; però talvolta esse mancano, forse, di un adeguato coordinamento e di una concorde collaborazione. Di conseguenza, dato che in questi nostri tempi i nemici della Chiesa uniscono le loro forze e operano di comune accordo, meriterebbero una più profonda attenzione le parole del santo Padre Benedetto XV nell'enciclica8 pubblicata in occasione del settimo centenario della fondazione del Terz'Ordine [Francescano]: “Perché... le numerose e svariate associazioni giovanili, operaie e femminili, esistenti in tutto il mondo sotto il nome cattolico, non dovrebbero congiungersi al Terz'Ordine, allo scopo di lavorare ancor più alacremente, con il medesimo ardore di Francesco e pervase dal desiderio di pace e carità, per la gloria di Gesù Cristo e per l'utilità della Chiesa?”.
Non si tratta qui di fondersi in una massa unica, ma di formare un solo corpo vigoroso, anche se organicamente differenziato. Se arrivassimo a questo, le associazioni cattoliche diverrebbero una grande potenza.
Nota 1257.1 La località è indicata nel primo capoverso, mentre la data di composizione dovrebbe essere la fine del 1922 o poco dopo: lo si deduce dai numerosi errori ortografici e morfologici presenti nel testo originale polacco. opportuno notare che p. Massimiliano trascorse sette anni della sua formazione intellettuale fuori della Polonia, vale a dire in ambiente culturale assai diverso da quello in cui svolse la sua successiva attività apostolica.
Nota 1257.2 P. Massimiliano aggiunse in nota: "22 luglio 1908, ASS 41-676".
Nota 1257.3 Teodorico d'Apolda (1228-1297) scrisse una Vita Sancti Dominici.
Nota 1257.4 P. Massimiliano aggiunse in nota: “Raccolta dell'anno 1898, n. 194".
Nota 1257.5 P. Massimiliano aggiunse in nota: “ASS 40-442".
Nota 1257.6 P. Massimiliano aggiunse in nota: “Sum ma Theologiae Moralis secundum Codicem ".
Nota 1257.7 Cf. SK 19, nota 3. Nota 1257.8 Enciclica Sacra Propediem del 6 gennaio 1921, in AAS 13 (1921) 37.
Milizia Dell'Immacolata di Sicilia